Può il coniuge del proprietario usucapire la casa dove la coppia vive? E il convivente?
1. IN COSA CONSISTE L’USUCAPIONE?
3. USUCAPIONE DA PARTE DEL CONIUGE
4. USUCAPIONE DA PARTE DEL CONVIVENTE
1. IN COSA CONSISTE L’USUCAPIONE?
L’usucapione è l’istituto giuridico che ammette l’acquisto della proprietà di un bene, o di un diritto reale di godimento sullo stesso, in virtù del possesso continuato per un certo periodo di tempo, che varia in base alla natura della cosa (potendo essere mobile oppure immobile), alla sua destinazione o classificazione (come nel caso dell’universalità di mobili, o del fondo rustico) e alla condizione psicologica del possessore (rilevando la sua buona o mala fede). Inoltre, il possesso non può essere clandestino, dovendo risultare “visibile e non occulto, così da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere” (Cass. Civ. Sez. II Ord. n. 2682 del 28.01.2022).
2. MUTAMENTO DEL TITOLO
La legittima disponibilità di un bene non implica automaticamente una situazione di possesso, potendo trattarsi di semplice detenzione (come quando si riceve qualcosa in prestito) o anche di detenzione qualificata (come nel caso del conduttore che ha stipulato il contratto di locazione). Tuttavia, chi fruisce della cosa può usucapirla a condizione che ne sia il possessore, mentre al detentore è preclusa questa facoltà.
È bene sottolineare che il tempo in cui il possesso viene esercitato in esplicazione di un diritto reale non può essere computato ai fini dell’usucapione, essendo in tal caso necessaria la c.d. ‘interversio possessionis’ (art. 1164 cod. civ.).
3. USUCAPIONE DA PARTE DEL CONIUGE
Il coniuge che abita con il proprietario della casa ne condivide con lui il possesso? La giurisprudenza lo definisce detentore ai sensi dell’art. 1140 c. 2 cod. civ., ritenendolo semplicemente un soggetto attraverso il quale il possessore esercita il suo potere (Cass. Civ. Sez. II Ord. n. 18028 del 23.06.2023). Il rapporto di coniugio è inidoneo a configurare il compossesso della casa familiare da parte di colui che non è proprietario, poiché è stato correttamente osservato che “il compossesso non consiste nell’esercizio solidaristico e comunitario di un’unica signoria, rappresentando piuttosto la situazione della confluenza su di una stessa cosa di poteri plurimi, corrispondenti, nella loro estrinsecazione, ad altrettanti distinti diritti, di identico o di differente tipo” (Cass. Civ. Sez. II Ord. n. 18372 del 08.06.2022).
Deve dunque farsi applicazione dell’art. 1141 c. 2 cod. civ., secondo cui “se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore”.
4. USUCAPIONE DA PARTE DEL CONVIVENTE
Per le medesime ragioni non è possibile ipotizzare l’usucapione dell’abitazione in favore del partner convivente, che ne resta detentore finché dura la convivenza ed eventualmente oltre, laddove risulti assegnatario della casa familiare per continuare a crescervi i minori. Se il coniuge non proprietario detiene l’immobile nell’esercizio del diritto/dovere di coabitazione sorto a seguito del matrimonio (art. 143 cod. civ.), il convivente lo detiene unicamente per scelta e volontà del suo titolare, finché questa persiste. A convivenza cessata, la disponibilità del bene può venire attribuita, sia al coniuge separato che all’ex convivente, da un provvedimento che, in applicazione dell’art. 337-sexies cod. civ., limita temporaneamente l’esercizio del diritto dominicale nell’interesse dei figli, costituendo ciò che viene comunemente definito ‘diritto personale atipico di godimento’: nulla a che vedere, insomma, con la signoria di fatto necessaria per usucapire.