Accade, con una certa frequenza, che i pacchetti turistici offerti da agenzie di viaggi e tour operator si rivelino insoddisfacenti sotto diversi aspetti: partenze posticipate, strutture ricettive datate e non corrispondenti alle fotografie presenti in catalogo, camere in condizioni igieniche discutibili, pasti scadenti. Accade altrettanto frequentemente che il turista, rivoltosi all’agenzia di viaggio per denunciare i disagi riscontrati durante le vacanze, venga reindirizzato alla società organizzatrice, la quale a sua volta, in modo più o meno convincente, cerca di individuare un altro soggetto a cui addebitare le responsabilità, spesso rinfacciando al malcapitato di non avere esposto tempestivamente le problematiche riscontrate all’assistente turistico presente in loco. La parabola si conclude con il viaggiatore scontento che, accettando la sua mala sorte, rinuncia a fare valere i propri diritti, il più delle volte nella convinzione di non potere ottenere risultati concreti.
Situazioni di questo genere non erano sfuggite allo sguardo vigile del legislatore europeo che, già con la direttiva 90/314 CEE del 13 giugno 1990 “concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso»” aveva previsto all’art. 5 che gli Stati Membri adottassero “le misure necessarie per garantire che l’organizzatore e/o il venditore parte del contratto siano responsabili nei confronti del consumatore della buona esecuzione degli obblighi risultanti dal contratto, sia che tali obblighi debbano essere eseguiti da lui stesso sia che debbano essere eseguiti da altri prestatori di servizi”. La direttiva in questione era stata attuata in Italia con il D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 111 , il quale però era stato abrogato contestualmente all’entrata in vigore del D.Lgs. 06 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo) che ne riportava il contenuto negli articoli da 82 a 100. Gli stessi articoli venivano abrogati con l’introduzione del Codice del Turismo (D.Lgs. 23 maggio 2011 n. 79), col quale si riproponeva, dopo un revamping, la normativa concernente i contratti del turismo organizzato (sopravvissuta alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 80/2012 che ha dichiarato l’incostituzionalità di parecchi articoli del nuovo Codice, nonché alle modifiche legislative sino a oggi intervenute). La materia inerente ai contratti viene trattata al Titolo VI che si suddivide nel Capo I, il quale regola proprio la formazione e l’esecuzione dei contratti riguardanti i pacchetti turistici, che di seguito sarà brevemente analizzato, e nel Capo II col quale il legislatore si è limitato ad apportare qualche modifica alle norme che disciplinano la locazione di immobili urbani (nello specifico all’art. 27 L. 27 luglio 1978 n. 392).
L’art. 34 cod. tur. si preoccupa di illustrare il contenuto del c.d. pacchetto turistico: è una combinazione di almeno due di tre possibili elementi che sono venduti o offerti in vendita a un prezzo forfetario e che ha come oggetto viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso o crociere turistiche. Gli elementi idonei, se presenti in numero non inferiore a due, a comporre il pacchetto turistico sono: (a) il trasporto, (b) l’alloggio, (c) i servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che vengono identificati dall’art. 36 lett. i in “itinerario, visite, escursioni o altri servizi” a condizione però che essi “costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative del turista, parte significativa del pacchetto turistico”. Dalla formulazione della norma sembra quindi che questi servizi incidano sulla classificazione dell’offerta come ‘pacchetto turistico’ non tanto in base al loro valore economico rapportato all’altro elemento qualificante (che sarà quindi l’alloggio o il trasporto), ma piuttosto in base all’utilità, in una prospettiva ricreativa, che tale prestazione può fornire al turista. Trattasi di scelta saggia del legislatore, in quanto, se si fosse ancorata la rilevanza del servizio turistico al suo mero valore economico, essa si sarebbe eclissata ogni qual volta tale prestazione fosse stata abbinata al pernottamento in hotel di lusso, oppure a un lungo viaggio aereo in prima classe.
Appare poi rilevante la definizione di ‘turista’ fornita dall’art. 33 cod. tur. che lo identifica in: “l’acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare, purché soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico”. Non importa quindi se a sottoscrivere il contratto sia stato l’amico o il fidanzato: i diritti riconosciuti dagli art. 41 e ss. cod. tur. – ossia, diritto di recesso in caso di significative modificazioni contrattuali, diritto al risarcimento del danno fisico, materiale e da vacanza rovinata – spettano anche al compagno di viaggio indicato dal contraente. In ogni caso, ai fini di una possibile futura richiesta di semplice rimborso, sarebbe consigliabile effettuare versamenti distinti, per evitare di dovere poi predisporre una cessione di credito tra contraente e compagno di viaggio nell’ipotesi, non infrequente, in cui colui che non aveva sottoscritto il contratto scelga, per una qualsiasi ragione, di non attivarsi per la restituzione del prezzo.
Nel caso in cui l’organizzatore (il tour operator) o l’intermediario (l’agenzia di viaggi) ritenga opportuno modificare “in modo significativo” il contratto, egli dovrà darne “immediato avviso in forma scritta al turista” (e quindi, come si è visto, non solo al contraente ma anche al compagno di viaggio risultante dal contratto) indicando la modifica apportata e la relativa variazione di prezzo: dal momento della comunicazione il turista dispone di due giorni lavorativi per decidere se recedere o meno dal contratto: in questa ipotesi al recesso non potranno essere applicate penali, e il recedente potrà scegliere se farsi restituire il prezzo versato (che dovrà essere corrisposto entro sette giorni lavorativi dal momento del recesso), oppure fruire di altro pacchetto turistico, oltre a potere conseguire il risarcimento “di ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto” (art. 42 c. 2 cod. tur.). Il diritto al risarcimento spetta anche a seguito di cancellazione del pacchetto turistico che non sia dipesa da cause di forza maggiore o dal mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti richiesto. Nel caso in cui la modifica del contratto attenga invece a una mera revisione del prezzo si osserva anzitutto che essa possa ammettersi solo se espressamente prevista nel contratto stesso e che comunque non siano consentiti aumenti di prezzo nei venti giorni precedenti la partenza. Il diritto al recesso è riconosciuto a favore dell’acquirente qualora l’aumento del prezzo sia superiore al dieci per cento dell’importo originariamente pattuito: se il recesso viene esercitato le somme già versate saranno restituite (art. 40 cod. tur.) o, a scelta del turista, sarà fornito un altro pacchetto turistico, fermo il diritto al risarcimento di eventuali danni (art. 42 cod. tur.).
Per individuare il soggetto nei confronti del quale fare valere i diritti derivanti dall’acquisto del pacchetto turistico occorre fare riferimento all’art. 43 cod. tur. che vincola l’organizzatore e l’intermediario “secondo le rispettive responsabilità”: è evidente che il più delle volte la responsabilità graverà sul tour operator, svolgendo l’agenzia di viaggio più che altro compiti di intermediazione e informativi, ma per precauzione sarebbe bene attivarsi nei confronti di entrambi (in questo modo si consente peraltro all’agenzia di verificare l’affidabilità delle varie società in favore delle quali offre i propri servizi). La responsabilità dell’intermediario e dell’organizzatore è espressamente esclusa dall’art. 46 cod. tur. nel caso in cui l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) sia imputabile al turista o al fatto di un terzo caratterizzato alternativamente dal requisito dell’imprevedibilità o da quello dell’inevitabilità, nonché ovviamente nelle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore.
Con riferimento allo strumento con cui devono essere contestati gli inadempimenti riscontrati, l’art. 49 cod. tur. menziona il ‘reclamo’ e indica due modalità con cui rendere note le problematiche emerse: al comma 1 si parla di “tempestiva presentazione di reclamo affinché l’organizzatore, il suo rappresentante locale o l’accompagnatore vi pongano tempestivamente rimedio” senza che venga prescritta una particolare forma, per cui deve ritenersi che si possa ‘reclamare’ oralmente; il comma 2 invece offre la possibilità di esporre la propria insoddisfazione entro dieci giorni lavorativi dalla data di rientro dal luogo di partenza mediante l’invio di raccomandata (oppure servendosi di altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento), che dovrà essere indirizzata all’organizzatore o all’intermediario. Il termine non è stabilito a pena di decadenza e ciò emerge implicitamente, ma in modo sufficientemente chiaro, dall’ultimo comma dell’articolo analizzato, il quale precisa che “la mancata presentazione del reclamo può essere valutata ai fini dell’articolo 1227 del codice civile”. Ciò significa semplicemente che non sarà dovuto il risarcimento se attraverso un reclamo tempestivo i danni subiti avrebbero potuto essere evitati: di converso quelli a cui non si sarebbe potuto porre comunque rimedio devono essere risarciti.
Si evidenzia a questo proposito la diffusa abitudine dei tour operator di attribuire, nelle condizioni generali di contratto, una natura decadenziale al termine previsto dalla legge per il reclamo (magari tacendo al contempo la circostanza che nei giorni dieci debbano essere esclusi quelli non lavorativi). In questo caso la relativa clausola assume natura vessatoria e deve considerarsi nulla, a meno che l’organizzatore riesca a dimostrare che la clausola sia stata oggetto di specifica trattativa con il turista, nonostante si tratti di un modulo precompilato, ai sensi degli articoli 33 c. 2 lett. t e 34 c. 5 D.Lgs. 06 settembre 2005 n. 206.
Questo tipo di contratti deve infatti ritenersi disciplinato anche dal Codice del Consumo, sia per ragioni di coerenza (il turista è a tutti gli effetti un ‘consumatore di pacchetti turistici’), sia per espressa previsione normativa: l’art. 32 c. 3 cod. tur. rinvia esplicitamente alla disciplina del consumatore per quanto non previsto dalle speciali disposizioni che regolano i contratti del turismo organizzato. Ne discende che anche le onnipresenti clausole che, ai fini della soluzione delle controversie, indichino fori competenti in via esclusiva diversi da quello di residenza o di domicilio elettivo del turista debbano reputarsi vessatorie in base alla previsione di cui all’art. 33 c. 2 lett. u cod. cons.
Per quanto attiene ai danni alla persona (quindi alle lesioni) riportati a causa di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni previste dal pacchetto turistico – tenendo presente che, ai sensi dell’art. 43 cod. tur. l’inesattezza giuridicamente rilevante ricorre anche in presenza di difformità dagli standard qualitativi pubblicizzati – la prescrizione del relativo diritto al risarcimento interviene “in tre anni dalla data del rientro del turista nel luogo di partenza” oppure, nel caso in cui le lesioni derivino dall’inadempimento delle prestazioni di trasporto, in dodici mesi (o in diciotto mesi, se il trasporto inizia o si conclude in paese extraeuropeo): l’art. 44 cod. tur. si richiama infatti all’art. 2951 cod. civ. che regola in via generale la prescrizione dei contratti di spedizione e trasporto. Si sottolinea che, quanto al termine di decorrenza della prescrizione, l’art. 2951 cod. civ. opera una distinzione: se il diritto al risarcimento sorge a seguito del verificarsi di un sinistro il dies a quo corrisponde alla data del sinistro, in caso contrario deve farsi riferimento al giorno di “arrivo a destinazione della persona”. Invece, ai sensi dell’art. 45 c. 3 cod. tur. il diritto al risarcimento per danni diversi da quelli alla persona si prescrive in un anno dal rientro del turista nel luogo della partenza.
Da ultimo si fa presente che il Codice del Turismo riconosce espressamente all’art. 47 la risarcibilità del danno da vacanza rovinata, da intendersi come disagio psico-fisico derivante dalla mancata realizzazione di una vacanza programmata. Il suo ammontare viene determinato tenendo conto del “tempo di vacanza inutilmente trascorso” nonché della “irripetibilità dell’occasione perduta”. Tale tipologia di danno, di natura contrattuale, può essere riconosciuta a prescindere dall’intervenuta risoluzione del contratto, ma a condizione che l’inadempimento o l’inesatto adempimento non sia di scarsa importanza in base al criterio fissato all’art. 1455 cod. civ.: la scarsità dell’importanza va quindi valutata nell’ottica della parte che avrebbe avuto interesse all’esecuzione della prestazione. Il termine di prescrizione del relativo diritto dipende dall’interesse leso cui il danno psico-fisico accede: se esso è conseguenza di lesioni occasionate dal trasporto o discende dall’avere cagionato danni materiali la prescrizione decorre rispettivamente in dodici mesi (diciotto per trasporto extraeuropeo) o un anno; se le lesioni sono state riportate durante la vacanza il termine di prescrizione decorre in tre anni.