Furto a 5 stelle: la responsabilità ex recepto dell’albergatore

Quando arriva il momento di organizzare i bagagli per alloggiare altrove, che sia per ragioni lavorative o per svago, tendiamo a selezionare indumenti, attrezzatura sportiva e accessori meno costosi, rinunciando al nostro orologio preferito nel timore di subire furti nella camera dell’hotel durante la nostra assenza. Per la stessa ragione, cerchiamo di portare con noi meno contante possibile e magari lo nascondiamo dentro un paio di calzini nella nostra valigia. Sono accorgimenti ragionevoli, inutili o addirittura imprudenti? Come spesso accade in ambito giuridico, per fornire una risposta esaustiva occorre considerare diversi fattori, essendo la responsabilità alberghiera disciplinata in modo del tutto peculiare.

Responsabilità limitata VS responsabilità illimitata

Anzitutto, seppure l’art. 1783 c.c. preveda in linea generale che “gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo”, la stessa disposizione pone un limite all’entità del risarcimento conseguibile per i beni deteriorati, distrutti o sottratti che varia in base al corrispettivo pattuito per il c.d. contratto d’albergo: il risarcimento dovuto è limitato al valore della cosa ed è previsto un ammontare massimo che si computa moltiplicando per cento il prezzo giornaliero della camera occupata (e ciò a prescindere da quante persone la occupino).

Al tempo stesso l’art. 1784 c.c. contempla una responsabilità illimitata di chi gestisce l’esercizio alberghiero con riferimento ai casi di deterioramento, distruzione e sottrazione di carte-valori, denaro contante e oggetti di valore in due ipotesi specifiche, ossia (A) se i beni siano stati consegnati in custodia al personale della struttura (B) se vi sia stato un rifiuto ingiustificato di ricevere i beni in custodia. A questo proposito va precisato che vi sono diversi casi in cui il rifiuto possa qualificarsi come ‘giustificato’: la legge infatti, pur imponendo all’albergatore di custodire, su richiesta del cliente, questi beni mobili, gli riconosce anzitutto la facoltà di pretendere che le cose vengano a lui consegnate in involucro chiuso o sigillato – potendo dunque rifiutarli se non viene adoperato tale accorgimento – e ammette tre ulteriori eccezioni al suddetto obbligo, potendo il rifiuto dipendere dalla natura del bene, se si tratta (1) di oggetto pericoloso, oppure, con specifico riferimento alla ‘importanza’ o alle ‘condizioni di gestione dell’albergo’ se (2) la cosa ha valore eccessivo, oppure se (3) la cosa è ingombrante.

Non stupiamoci quindi se il gestore dell’ostello rifiuta di custodire il nostro coltello di Pattada artigianale o il nostro Daytona, e curiamoci di prenotare una camera sufficientemente spaziosa da ospitare il nostro set di ferri da golf in grafite. Il receptionist non conserverà per noi nemmeno il materassino a forma di coccodrillo, e ciò non solo in ragione dello spazio che occuperebbe, ma anche perché, non potendo definirsi oggetto di valore, non è a priori soggetto all’obbligo di custodia in senso stretto. In tutte queste ipotesi, dunque, se dovesse verificarsi un furto, opererebbe la generica responsabilità limitata al valore del bene sottratto, da computarsi però entro il limite centuplo del prezzo della camera locata: ne discende l’opportunità di consegnare subito al personale della struttura gli oggetti preziosi non ingombranti dopo averli riposti in un involucro chiuso (possibilmente trasparente, in modo che il contenuto sia immediatamente visibile e magari dopo avere scattato qualche fotografia che consenta di identificarli e di determinarne il valore in caso di sottrazione) facendosi rilasciare una ricevuta di deposito con una sommaria descrizione degli stessi. In ogni caso, la responsabilità del gestore rispetto ai beni portati in albergo dal cliente, limitata o illimitata che sia, non è derogabile, ostandovi la previsione di cui all’art. 1785 quater c.c., che sancisce la nullità delle dichiarazioni unilaterali e dei patti aventi tale contenuto.

Natura della responsabilità gravante sul gestore dell’hotel

Leggendo le norme codicistiche sorge spontaneo chiedersi se la responsabilità attribuita all’albergatore sia di natura oggettiva: anche se l’art. 1785 c.c. esclude giustamente che egli debba rispondere del danneggiamento o del furto che si verificano per fatto dello stesso cliente o di chi lo accompagna, per forza maggiore, o in ragione della natura della cosa (quindi per l’operare di fattori che non possono essere impediti dal personale della struttura), l’art. 1785 bis c.c. nega che l’albergatore possa avvalersi del limite risarcitorio del centuplo del corrispettivo “quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo sono dovuti a colpa sua, dei membri della sua famiglia o dei suoi ausiliari”. Posto che tendenzialmente gli eventi astrattamente prospettabili siano perlopiù riconducibili a una qualche forma di colpevolezza del gestore (per es. per avere consentito che terze persone accedessero ai piani in modo incontrollato, per carenze nella sorveglianza o per altra culpa in vigilando / culpa in eligendo, con riferimento ai fatti commessi dal personale), è lecito pensare che la limitazione al risarcimento dettata dall’art. 1783 c.c. trovi un’applicazione residuale e che in tal caso tuttavia, non essendo richiesta la prova della colpa, debba ravvisarsi appunto una responsabilità oggettiva (così come nel caso di danneggiamento o furto di cose rifiutate ingiustificatamente), che opererà ogni qual volta il cliente abbia tempestivamente denunciato il danno (come impone l’art. 1785 ter c.c.).

Difatti la giurisprudenza, pur senza affrontare espressamente la questione, tende a riconoscere automaticamente l’obbligo risarcitorio entro il ‘massimale’, una volta dimostrato il verificarsi dell’evento dannoso (e in mancanza della prova liberatoria della forza maggiore o del fatto del cliente), mentre individua una responsabilità illimitata della struttura ricettiva laddove venga anche provato che il fatto avrebbe potuto essere impedito con l’ordinaria diligenza. È stato del resto osservato che “in tema di responsabilità per le cose portate in albergo, il cliente non ha l’obbligo di affidare gli oggetti di valore di sua proprietà in custodia all’albergatore, mancando una specifica previsione normativa in tal senso; tuttavia se non si avvalga di tale facoltà, corre il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l’integrale risarcimento del danno, come disposto dall’art. 1783 c.c., a meno che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o collaborazione, ai sensi dell’art. 1785 bis c.c. In assenza di tale riscontro probatorio, la determinazione del ‘quantum’ entro il limite massimo stabilito dall’art. 1783 c.c. u.c., rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è libero di determinare la somma da liquidare secondo il suo prudente apprezzamento” (Cass. Civ. Sez. III sent. n. 5030 del 04.03.2014 e, nello stesso senso, Cass. Civ. Sez. III sent. n. 28812 del 05.12.2008).

Prova del danno

Come si è detto, seppure non sia indispensabile dare prova della colpevolezza del personale dell’hotel circa l’avvenuta distruzione o il deterioramento o il furto dei beni appartenenti al cliente (o da lui a vario titolo detenuti), deve essere fornita adeguata dimostrazione della previa introduzione degli stessi in hotel. Una volta accertata la perdita, la quantificazione del danno potrà compiersi anche in via equitativa, laddove non sia possibile provarne l’esatto valore: in una recente pronuncia di legittimità è stato del resto rilevato che “non può legittimamente rigettarsi la domanda risarcitoria affermandosi che manchi la prova del danno se la prova mancante sia relativa non al verificarsi del danno in sé ma al preciso ammontare del danno (nel caso di specie, all’esatto contenuto delle valigie sottratte), in quanto la specifica funzione della valutazione equitativa è proprio quella di supplire alla difficoltà della parte di fornire una quantificazione precisa quando l’esistenza del danno sia certa, il danneggiato abbia fornito gli elementi ai quali ancorare la quantificazione e non sia possibile fornire la prova del suo esatto ammontare” (Cass. Civ. Sez. VI-3 ordinanza n. 23520 del 17.11.2015).

Responsabilità per furto e danneggiamento di veicoli

Da ultimo è opportuno specificare che, per espressa previsione normativa, la responsabilità gravante sul gestore dell’hotel non si estende “ai veicoli, alle cose lasciate negli stessi, né agli animali vivi” (art. 1785 quinquies c.c.), ma ciò non esclude che possa essere stipulato con l’albergatore un ulteriore contratto di parcheggio con custodia. Supponiamo che al cliente venga imposto di lasciare le chiavi dell’autovettura al personale (o all’interno del veicolo stesso): tale condotta comporterebbe il trasferimento della detenzione del bene all’albergatore e farebbe sorgere in capo a quest’ultimo l’obbligo di custodia, genericamente previsto dall’art. 1177 c.c. e specificamente confermato dall’art. 1766 c.c. per il contratto di deposito. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che al contratto atipico di posteggio vadano applicate le norme relative al deposito, sicché il depositario assume contrattualmente nei confronti del depositante l’obbligo di rendere la cosa nello stato in cui gli è stata consegnata e il conseguente obbligo, in caso di sottrazione, di risarcire il danno, salvo che fornisca la prova “che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile” (Cass. Civ. Sez. III sent. 28.10.2014 n. 22807).