concorso colpa trasportato

Concorso di colpa del trasportato e riduzione del risarcimento: casistica

A volte il passeggero coinvolto in un incidente tra veicoli non viene risarcito integralmente per le lesioni subite, nonostante la sua condotta non abbia in alcun modo concorso a cagionare il sinistro. Come mai?

1. RIFERIMENTI LEGISLATIVI

2. OMESSO USO DELLE CINTURE DI SICUREZZA

3. PASSAGGIO OFFERTO DA PERSONA IN STATO ETILICO

4. PARTECIPAZIONE A GARA DI VELOCITÀ NON AUTORIZZATA

1. RIFERIMENTI LEGISLATIVI

Il risarcimento delle lesioni riportate dalla persona trasportata a seguito di un sinistro stradale è in via generale garantito dall’art. 141 D.Lgs. 209/2005 il quale prevede che “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro (…) a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro“.

In alcuni casi, tuttavia, la giurisprudenza ravvisa nel comportamento del passeggero una condotta colposa tale da giustificare una liquidazione ridotta del danno accertato, in applicazione dei criteri risarcitori previsti dal codice civile. Infatti l’art. 2056 c.c. specifica che, in ambito extracontrattuale, “il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227”; a sua volta, il richiamato art. 1227 c.c. stabilisce al primo comma che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate” e al secondo comma che “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”: quest’ultima norma assume rilevanza proprio nel caso in cui il danno sia eziologicamente imputabile al solo danneggiante “ma le conseguenze dannose dello stesso avrebbero potuto essere impedite o attenuate da un comportamento diligente del danneggiato” (così Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 1295 del 19.01.2017) e si attaglia dunque alla figura del trasportato. Occorre a questo punto comprendere da quali comportamenti possa emergere una mancanza di diligenza idonea a comprimere il diritto al risarcimento.

2. OMESSO USO DELLE CINTURE DI SICUREZZA

L’ipotesi rispetto alla quale viene pacificamente giustificata una riduzione del risarcimento è quella del mancato utilizzo dei dispositivi di ritenzione da parte del passeggero: anche di recente la corte di legittimità ha statuito che “la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza (nel presente caso, per il mancato uso delle cinture di sicurezza) risulta ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente – il quale, prima di iniziare o proseguire la marcia, deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e sicurezza – ma anche del trasportato, il quale ha accettato i rischi della circolazione” (Cass. Civ. Sez. III Ord. n. 8443 del 27.03.2019, che ha confermato l’orientamento già manifestato da Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 6481 del 14.03. 2017). A ben vedere, in questo contesto la mancanza di diligenza del passeggero non è opinabile: l’uso delle cinture di sicurezza è infatti imposto dall’art. 172 D.Lgs. 285/1992 tanto al conducente quanto al trasportato, che può ben essere sanzionato per non averle allacciate.

3. PASSAGGIO OFFERTO DA PERSONA IN STATO ETILICO

Al contrario, viene in genere negato che possa essere ridotto l’ammontare del risarcimento spettante a chi abbia accettato un passaggio offerto da persona in stato di ebbrezza alcolica, per avere riportato lesioni a causa dell’incidente in cui poi sia rimasto coinvolto. Sul punto la giurisprudenza, oltre a escludere che esporsi a questo tipo di pericolo equivalga a cooperare nel fatto colposo – attribuibile semmai al conducente dell’uno o dell’altro veicolo coinvolto nel sinistro – evidenzia l’esistenza di un ostacolo pressoché insormontabile, consistente nella necessità di dimostrare, ai fini dell’applicazione del limite risarcitorio di cui all’art. 1227 c. 2 c.c., che il trasportato fosse “consapevole del superamento da parte del conducente del tasso alcolico consentito (…) considerato che è notorio che non sempre il superamento del tasso alcolico legale si manifesta in modo evidente e indubbio nella condotta del soggetto che lo abbia oltrepassato” (Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 1295 del 19.01.2017). Non vi è dubbio infatti che “in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c.c. (…) la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore” (Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 24432 del 19.11.2009).

4. PARTECIPAZIONE A GARA DI VELOCITÀ NON AUTORIZZATA

È rimasta isolata l’unica pronuncia di legittimità che aveva ravvisato un vero e proprio ‘concorso di colpa del danneggiato’ per avere fornito un contributo causale nel verificarsi dell’evento, ai sensi primo comma dell’art. 1227 c.c., peraltro con riferimento a un sinistro verificatosi in occasione di una corsa clandestina: Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 11698 del 26.05.2014 aveva confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2520/2007 che aveva attribuito metà della responsabilità del sinistro al terzo trasportato “in quanto, con la sua volontaria scelta di partecipare ad una gara di velocità al fianco del conducente, poneva in essere uno dei presupposti causali per il verificarsi dell’incidente”, ma la stessa Sezione Terza aveva poi preso le distanze da questo indirizzo interpretativo (molto esaustiva sul punto è Cass. Civ. Sez. III Sent. n. 1295 del 19.01.2017). In realtà, una riduzione del risarcimento avrebbe semmai potuto essere giustificata dall’applicazione del secondo comma dell’art. 1227 c.c., posto che l’art. 9-ter D.Lgs. 285/1992 pone un espresso divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore a “chiunque” (non solo al conducente), sicché la mancanza di diligenza non avrebbe nemmeno dovuto essere ricercata in regole di prudenza astratte, ma in una norma specifica.