Con la pronuncia di separazione il Tribunale aveva riconosciuto in tuo favore un assegno di mantenimento che vorresti venisse confermato anche in sede di divorzio? Pensi di averne diritto? Credi di potere ottenere lo stesso importo? Meglio controllare.
1. ASSEGNO IN FAVORE DEL CONIUGE SEPARATO: FATTORI PRECLUSIVI
2. PRESUPPOSTI DELL’ASSEGNO DIVORZILE
4. IL PREZZO DELLA SEPARAZIONE
1. ASSEGNO IN FAVORE DEL CONIUGE SEPARATO: FATTORI PRECLUSIVI
In occasione della separazione personale dei coniugi viene in genere posto a carico della parte economicamente più forte, e a vantaggio di quella più debole, un assegno di mantenimento. L’art. 156 cod. civ. indica i presupposti per conseguirlo, richiedendo a tal fine la sussistenza di due condizioni negative.
Anzitutto è necessario che al coniuge beneficiario ‘non sia addebitabile la separazione’: in caso contrario avrebbe infatti solamente diritto agli alimenti, ai sensi degli articoli 433 e ss. cod. civ., laddove si trovi in stato di bisogno e non sia oggettivamente in grado di provvedere al proprio mantenimento. Il secondo requisito è poi formulato in maniera piuttosto vaga: occorre infatti che il richiedente ‘non abbia adeguati redditi propri’.
2. PRESUPPOSTI DELL’ASSEGNO DIVORZILE
In effetti anche il riconoscimento dell’assegno divorzile è subordinato all’accertamento della mancanza di ‘mezzi adeguati’, ma in questo caso il beneficiario deve altresì dimostrare le ‘ragioni oggettive’ per cui non sia in grado di procurarseli da sé (art. 5 c. 6 L. 898/1970). Si delinea così la prima differenza tra i due emolumenti: al momento della separazione sarebbe superfluo svolgere indagini sulle cause del divario reddituale, una volta che questo viene accertato, dovendo l’assegno giustificarsi per la semplice esistenza di una disparità economica apprezzabile.
La ratio di questa distinzione va cercata nel cambiamento di status derivante dallo scioglimento del matrimonio, poiché solamente con il divorzio viene meno il vincolo coniugale e tutti gli obblighi da esso derivanti: a ben vedere un’imposizione patrimoniale fondata unicamente sulle maggiori disponibilità di una parte rispetto all’altra risulterebbe essere senza causa e quindi illegittima. Diversamente, nella separazione ‘sopravvivono’ alcuni diritti e doveri discendenti dal matrimonio, e tra questi vi rientra quello di assistenza materiale, trattandosi di una fase di transizione durante la quale è anche possibile che i coniugi si riconcilino.
3. ADEGUATEZZA E DIVORZIO
Negli ultimi anni la corte di legittimità ci sta omaggiando di numerose pronunce che esaltano l’irrilevanza del tenore di vita goduto durante il matrimonio al fine di stimare l’ammontare dell’assegno divorzile, tuttavia i mezzi adeguati che, ai sensi dell’art. 5 c. 6 L. 898/1970, sarebbero idonei a escluderne il riconoscimento non possono automaticamente coincidere con il concetto di autosufficienza economica. La norma impone infatti espressamente di considerare una pluralità di elementi, ossia le condizioni dei coniugi e il loro reddito, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare, nonché alla formazione del proprio patrimonio e di quello comune: tutti questi aspetti devono infine essere rapportati alla durata del matrimonio e dunque all’età dell’avente diritto (come specificato da Sezioni Unite Sent. n. 18287 del 11.07.2018).
È pertanto possibile che alla funzione assistenziale caratteristica dell’assegno di divorzio si accompagni una finalità compensativa-perequativa: “il parametro della (in)adeguatezza dei mezzi o della (im)possibilità di procurarseli per ragioni oggettive va quindi riferito sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente (e, quindi, all’esigenza di garantire detta possibilità al coniuge richiedente), sia all’esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per aver dato, in base ad accordo con l’altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge” (Cass. Civ. Sez. I Ord. n. 24935 del 07.10.2019).
4. IL PREZZO DELLA SEPARAZIONE
A questo punto sorge spontaneo chiedersi se gli indicatori previsti dalla legge per determinare l’entità dell’assegno post-coniugale assumano rilevanza anche prima del divorzio, per quantificare l’assegno di mantenimento, considerato che l’art. 156 cod. civ. non suggerisce dei criteri di computo da adottarsi al momento della separazione. La risposta è però negativa e qui dunque deve rinvenirsi la seconda differenza tra i due emolumenti: per individuare l’ammontare del mantenimento dovuto al coniuge separato la giurisprudenza ha sempre fatto riferimento al tenore di vita goduto durante la convivenza coniugale, evidenziando “la sostanziale diversità del contributo a favore del coniuge separato dall’assegno divorzile, sia perché fondati su presupposti del tutto distinti, sia perché disciplinati in maniera autonoma e in termini niente affatto coincidenti” (Cass. Civ. Sez. I Sent. n. 12196 del 16.05.2017).
Questo orientamento è stato confermato anche di recente, poiché si è ritenuta determinante la permanenza del vincolo di coniugio: viene difatti osservato che “i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale” (Tribunale di Venezia, Sez. II, Sentenza del 15.04.2020 e, nello stesso senso, Cass. Civ. Sez. I Ord. n. 5605 del 28.02.2020).